P. Battiston (Università di Pisa), S. Gamba (Università degli Studi di Milano), S. Harrison (Barnard College, Columbia University)

I beni pubblici, ovvero i beni al servizio della collettività, ricoprono un ruolo fondamentale nelle economie moderne, ma non tutti sono disposti a contribuirvi allo stesso modo. Per comprendere perché, occorre anzitutto identificare gli ambiti che li caratterizzano. Sono beni pubblici quelli forniti dallo Stato (o da un ente con finalità di pubblica utilità) – come ad esempio la scuola, i trasporti, la sanità, la sicurezza, e così via – ma non solo. Ad esempio, anche un giardinetto condominiale che alcuni condomini tengono pulito e annaffiano svolgendo così un servizio utile alla comunità di riferimento, può considerarsi un bene pubblico riferito agli stessi condomini, così come un gruppo Facebook aperto che i moderatori fanno funzionare e proteggono da spam e messaggi indesiderati. In generale, gli economisti concordano sul fatto che i beni pubblici siano beni fragili: anche se tutti ne beneficiano, ognuno preferirebbe che fosse per lo più qualcun altro a dedicarci tempo, denaro ed energie.

L’importanza dei beni pubblici ha portato da decenni gli economisti a chiedersi cosa spinga un individuo a contribuire o meno con le proprie azioni e risorse al loro sviluppo e al loro mantenimento. Uno dei modi per provare a rispondere a questo interrogativo, ormai diventato un classico in questo campo di studi, è quello di ricreare in laboratorio una situazione in cui i partecipanti sperimentino questa tensione tra il contribuire per il bene di tutti o il limitarsi semplicemente a sfruttare il contributo altrui. Negli esperimenti svolti in laboratorio, il “contributo” in genere è rappresentato da una somma di denaro che l’individuo coinvolto può decidere di tenere per sé, oppure trasferire in un fondo comune il cui contenuto viene, poi, aumentato dallo sperimentatore attraverso un fattore moltiplicativo e, infine, suddiviso in parti uguali tra i partecipanti, rappresentando il bene pubblico.

Un nostro recente esperimento, al momento disponibile come working paper, ha cercato di esaminare come la consapevolezza delle disuguaglianze economiche tra i partecipanti e l’appartenenza a gruppi distinti possano influenzare la cooperazione in un classico gioco di beni pubblici. Uno dei fattori – infatti – che può spingere gli individui a contribuire di più o di meno ai beni pubblici è la presenza di differenze tra tali individui, differenze che possono essere di natura economica (es. ricchezza o reddito) o meno (come l’appartenenza a gruppi sociali diversi).

 

Il contesto dell’esperimento

In un gioco di beni pubblici, i partecipanti devono decidere quante delle risorse individuali loro attribuite dallo sperimentatore trasferire a un fondo comune che sarà poi suddiviso in parti uguali. Tradizionalmente, gli esperimenti svolti su questo tema hanno studiato come l’appartenenza a gruppi diversi o le risorse economiche messe a disposizione dei partecipanti da parte degli sperimentatori influenzassero le scelte individuali di contribuzione al bene pubblico. Nella maggior parte di questi esperimenti, però, i partecipanti non erano consapevoli delle eventuali differenze economiche tra i partecipanti stessi, al di fuori del loro gruppo.
La novità del nostro studio è stata quella di rendere consapevoli i partecipanti delle disuguaglianze economiche esistenti tra di essi. I partecipanti sono stati inoltre divisi in due gruppi artificiali, distinti solo da colori, per testare come la consapevolezza di appartenere a gruppi diversi influisca sulle decisioni di cooperazione, anche a prescindere dalle differenze economiche.

 

I risultati dell’esperimento

Sebbene né l’integrazione economica (ovvero l’interazione tra partecipanti con risorse diverse) né l’appartenenza al gruppo abbiano un effetto diretto e significativo sulla cooperazione, l’interazione tra i due fattori ha un forte impatto, ostacolando la cooperazione. Quando i soggetti che interagiscono sono caratterizzati da risorse economiche diverse e appartengono a gruppi diversi, le loro contribuzioni al bene pubblico risultano significativamente più basse. Questo risultato suggerisce che la combinazione di disuguaglianza economica e mancanza di identità di gruppo crei una dinamica di sfiducia generale capace di ridurre la cooperazione.
Non solo: la contribuzione risulta inferiore quando si interagisce con qualcuno che proviene da un gruppo diverso e ha risorse limitate.

 

Implicazioni per la cooperazione sociale

I risultati ottenuti mettono in evidenza una dinamica importante nelle società moderne, dove le disuguaglianze economiche sono spesso correlate ad altre differenze culturali, sociali o etniche. Quando i membri di un gruppo si trovano ad interagire con individui che hanno risorse diverse e appartengono a gruppi diversi, infatti, la coscienza di queste differenze può ridurre la disponibilità a cooperare, riducendo così il benessere collettivo. Questo effetto può essere molto rilevante per le interazioni economiche al di fuori del setting sperimentale, interazioni spesso calate in contesti in cui sono presenti forti identità di gruppo.
In un mondo dove la cooperazione è fondamentale per affrontare sfide globali, come il cambiamento climatico o le disuguaglianze sociali, questi risultati hanno importanti implicazioni per le politiche pubbliche. Per promuovere la cooperazione in società caratterizzate da forti disuguaglianze, è fondamentale sviluppare politiche che favoriscano l’inclusione e la solidarietà tra gruppi sociali differenti. Solo attraverso una maggiore comprensione delle dinamiche tra economia e identità sociale sarà possibile affrontare in modo più efficace le sfide collettive che ci aspettano.

 

Condividi