Di Franca Maino, Stefano Ronchi, Valentino Santoni
Il welfare aziendale è sempre più diffuso tra le imprese italiane. Per welfare aziendale si intende quell’insieme di dispositivi in denaro, benefit e servizi forniti ai dipendenti dalle imprese in aggiunta alla retribuzione monetaria e per migliorare il loro benessere. Gli strumenti più comuni sono previdenza complementare e sanità integrativa, spesso previsti nei Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL), a cui si aggiungono i servizi all’infanzia e per l’istruzione dei figli, l’assistenza per familiari anziani e/o non autosufficienti, le polizze assicurative per i dipendenti, agevolazioni per mobilità e trasporto, cultura e tempo libero, e i fringe benefit. Mentre il testo normativo di riferimento—il Testo Unico delle Imposte sui Redditi—prevede importanti agevolazioni dal punto di vista fiscale e contributivo per le organizzazioni che investono in queste misure, anche una serie di altri interventi possono essere ricompresi nella categoria del welfare aziendale: è questo il caso della flessibilità oraria, dei congedi parentali e familiari in aggiunta a quelli previsti dalla legge, dello smart workinge del telelavoro, di ferie e permessi solidali, part-time volontario, e servizi di disbrigo pratiche (come il maggiordomo aziendale).
In una recente indagine, abbiamo mappato lo stato dell’arte e le prospettive di sviluppo del welfare aziendale nel mondo cooperativo lombardo. La ricerca è stata condotta insieme a Percorsi di Secondo Welfare, e grazie alla collaborazione con l’ente bilaterale CoopForm Lombardia. Alla luce di valori fondanti che mirano a valorizzare il ruolo di lavoratori/trici e soci/e, come la solidarietà e l’attenzione alle responsabilità sociale, il comparto cooperativo è un ambito in cui il welfare aziendale può giocare un ruolo rilevante. D’altra parte, l’innovazione in questo settore potrebbe essere frenata da margini economici ridotti, e dalla presenza di numerosi Contratti Collettivi (CCNL) non particolarmente generosi.
I nostri risultati mostrano che, effettivamente, il welfare aziendale risulta molto diffuso tra le cooperative lombarde (circa il 70% del campione), anche fra le cooperative piccole e medie, laddove a livello nazionale e fra le aziende private il fenomeno riguarda per lo più le grandi imprese. Fra le cooperative incluse nell’indagine emerge una percezione molto positiva: il welfare aziendale migliora il clima lavorativo e incrementa la produttività. Anche soci e lavoratori mostrano una valutazione media dei piani di welfare positiva (7.2 su una scala da 0 a 10). Le motivazioni sottostanti all’alto gradimento del welfare aziendale sono economiche, di organizzazione del lavoro, legate alla conciliazione lavoro-famiglia, ed al miglioramento del benessere generale, sia nella vita privata che dentro la cooperativa.
L’immagine complessiva appare tuttavia meno rosea quando si va più a fondo rispetto a due aspetti: la tipologia dei servizi offerti come welfare aziendale, ed il loro utilizzo da parte di lavoratori e lavoratrici di diversa estrazione sociale.
Gli strumenti più diffusi ed apprezzati sono, oltre all’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare previste dai CCNL, la flessibilità oraria e, soprattutto, buoni spesa di vario tipo. Questi ultimi, fortemente apprezzati da soci/e e lavoratori/trici, sono spesso erogati come fringe benefit e costituiscono di fatto integrazioni al salario (tipicamente basso in molte nicchie del comparto cooperativo), e non servizi di welfare in senso stretto. Solo un numero limitato di cooperative, invece, offre (o prevede di offrire in futuro) strumenti di welfare più complessi e al tempo stesso meglio calibrati per venire incontro ai nuovi bisogni sociali della società odierna: interventi per l’infanzia e l’istruzione dei figli, per la disabilità e la non autosufficienza, ed altri tipi di bonus per mobilità, trasporti e wellness. Ciò avviene nonostante il nostro campione sia composto in maggioranza da cooperative sociali, il cui core business è proprio l’erogazione di queste tipologie di servizi di welfare. Il welfare aziendale potrebbe dunque essere un’occasione per promuovere collaborazioni e sinergie interne al mondo cooperativo, grazie al coinvolgimento delle cooperative dell’area sociale (per es. cooperative sociali di tipo A e B) nella predisposizione di piani di welfare incentrati sulla stessa offerta cooperativa.
Il secondo aspetto critico riguarda le forti diseguaglianze che emergono rispetto all’accesso al welfare aziendale. Non tutti lo utilizzano allo stesso modo: l’accesso ai servizi risulta più alto fra gli uomini che fra le donne; i soci-lavoratori delle cooperative tendono a utilizzare di più le prestazioni rispetto ai dipendenti; così come i laureati rispetto a chi a titoli di studio più bassi. Inoltre, chi dichiara uno stipendio più alto beneficia molto di più del welfare aziendale rispetto a chi ha redditi bassi (come accade spesso anche fra le aziende private e for profit).
Nel rapporto segnaliamo perciò la necessità di attivare percorsi per formare e comunicare alle cooperative (e ai lavoratori, specie quelli più vulnerabili) il ruolo e le opportunità legate al welfare aziendale e occupazionale. Gli Enti bilaterali e, più in generale, le parti sociali giocheranno un ruolo strategico in questo. Occorrerebbe inoltre valorizzare maggiormente il welfare con finalità sociali, legate alla cura, all’istruzione, alla sanità, all’assistenza. Tra i tra i bisogni più importanti per soci/e e lavoratori/trici, infatti, ci sono quelli riguardanti la previdenza, la conciliazione lavoro-famiglia e l’assistenza ai familiari non autosufficienti.
Maggiori dettagli sulla ricerca sono ricavabili dal rapporto integrale, consultabile al seguente LINK